L’inchiesta “Trend, mercato e lettori all’alba della nuova normalità” ha come obiettivo quello di tracciare un disegno relativo al panorama culturale contemporaneo assieme a giornalisti e protagonisti del mondo social per delineare le tendenze del momento.

Cosa proprio non sopporta nei libri di oggi?
“I libri si portano dietro tanto lavoro e tante professioni e tutta la filiera si merita rispetto. Quindi dei libri sopporto tutto. Diverso il discorso che riguarda gli autori. A volte sorrido nel leggere alcune biografie in quarta di copertina. Certe persone raccontate in appena quattro righe sembrano così traboccanti di vita che si meriterebbero una serie su Netflix, come minimo. Poi però succede spesso che quelle quattro – favolose – righe si perdano se diluite in 150 pagine. Scrivere testi per un buon post su facebook è diventato facile (quasi) per tutti. Scrivere libri no. Ecco cosa non mi piace: c’è un costante spostamento dell’asticella verso il basso, ma ci raccontiamo che il livello sia invece altissimo”.
C’è sempre stato un forte legame tra libri e film, ultimamente rinnovatosi con le serie tv. Da quale prospettiva guardare a questo fenomeno?
“Credo sia bello, utile e importante che diversi mezzi di comunicazione dialoghino tra loro trovando nuovi sbocchi per l’intrattenimento. Penso a serie tratte da film, da libri o anche al percorso inverso che è meno comune, ma esiste. Penso a diverse case editrici che pubblicano saghe letterarie tratte o ispirate a videogiochi o albi illustrati che hanno come protagonisti personaggi dei fumetti. Siamo per la prima volta al centro delle storie e possiamo decidere noi cosa leggere e quando. Un grande privilegio che probabilmente non apprezziamo fino in fondo”.
Nei tradizionali spazi fisici dedicati ai libri sono sempre più presenti opere di personaggi tv, social, sportivi e non di scrittori. Quanto il mondo della rete, in particolare attraverso Instagram, può colmare questo deficit espositivo offrendo una vetrina alternativa ai “veri” autori?
“Io però sono favorevole a questo mix. I libri non li possono e non li devono scrivere solo gli scrittori. Perché poi mi chiedo: chi sono allora gli scrittori? Io diffido da chi si autoproclama scrittore come diffido di quelli che scrivono “artista” alla voce “professione” della carta d’identità. Uno dei libri più belli che ho letto nell’ultimo decennio è stata l’autobiografia di uno sportivo. Ovviamente – lo avrete capito – sto parlando di “Open” di Agassi. Perché dovremmo pensare che quel libro tolga qualcosa a un altro titolo? Credo che tutti possano scrivere la loro storia o una loro storia. Spesso dare la colpa allo YouTuber o all’attore di turno del fallimento della propria opera è troppo comodo. Per rispondere alla domanda: io non vedo deficit e se ragioniamo in questi termini i “veri autori”, dal mio punto di vista, non si salveranno né sui social né tra gli scaffali della libreria anche solo per il semplice fatto di pensare che siano dei veri autori a discapito di “meno veri” autori”.
Gabriella Diliberto