L’inchiesta “Trend, mercato e lettori all’alba della nuova normalità” ha come obiettivo quello di tracciare un disegno relativo al panorama culturale contemporaneo assieme a giornalisti e protagonisti del mondo social per delineare le tendenze del momento.

Cosa proprio non sopporta nei libri di oggi?
“Quello che mi dispiace è riscontrare poca cura. Tanti refusi, copertine realizzate in modo approssimativo, pagine che restano in mano non appena si apre un po’ di più il libro. La mancanza di attenzione anche per i dettagli che possono sembrare piccoli, ma che per il lettore “forte” non lo sono. E che fanno la differenza”.
C’è sempre stato un forte legame tra libri e film, ultimamente rinnovatosi con le serie tv. Da quale prospettiva guardare a questo fenomeno?
“Ben venga se questo legame porti il pubblico a incuriosirsi. C’è sempre più bisogno di una partecipazione culturale attiva. Anni fa io non mi sarei certo immaginata che un giorno avrei pianto guardando la serie tv di Zerocalcare, “Strappare lungo i bordi”, di cui al momento non si fa che parlare. Credo che per gli scrittori sia interessante misurarsi con altri tipi di linguaggi. Si tratta pur sempre di un arricchimento, che poi finirà tra le pagine del prossimo romanzo, o fumetto”.
Nei tradizionali spazi fisici dedicati ai libri sono sempre più presenti opere di personaggi tv, social, sportivi e non di scrittori. Quanto il mondo della rete, in particolare attraverso Instagram, può colmare questo deficit espositivo offrendo una vetrina alternativa ai “veri” autori?
“Sinceramente io tendo a essere più democratica, nel senso che se una persona ha voglia di leggere il libro pubblicato da un influencer o da uno sportivo che segue con affetto, ben venga. In un Paese dove i dati della lettura sono tristemente bassi, non faccio distinzioni tra i cosiddetti “Lettori di Serie A” e “Lettori di Serie B”. Mi rendo perfettamente conto del fatto che in libreria si possano trovare prodotti editoriali diversi e distanti, ma le persone non devono essere sminuite, o addirittura prese di mira, per ciò che leggono. A me è capitato e non è stato facile lasciarselo scivolare, come non lo è mai, per tanti aspetti delle nostre vite. Detto questo, ci sarebbe da parlare per ore del fenomeno “bookstagrammer”. Ritengo che chi abbia un profilo su Instagram debba sentirsi libero di parlare dei libri che preferisce, senza diventare una “vetrina” (non entro nel merito di storture evidenti che esistono, e che nascono solo per instaurare collaborazioni con le case editrici). A mio avviso, non deve certo colmare un “deficit espositivo”, ma mostrarsi per il lettore che è, che sia un appassionato di romanzi d’amore, o un esperto di letteratura russa, oppure un amante dei gialli. Di certo, non deve fare solo belle foto e inserire la trama del libro, ma esporsi, anche in modo critico, purché sia autentico. Si tratta di essere corretti nei confronti delle persone che ci seguono e che magari andranno in libreria dopo un nostro post. Una ragazza, al Salone del Libro, mi ha detto: “Sei uguale a come sei su Instagram”. Non poteva dirmi frase più bella”.
Gabriella Diliberto