A tu per tu con chi RACCONTA libri da una vita… trend, mercato e lettori all’alba della nuova normalità con Alberto Fraccacreta.

L’inchiesta “Trend, mercato e lettori all’alba della nuova normalità” ha come obiettivo quello di tracciare un disegno relativo al panorama culturale contemporaneo assieme a giornalisti e protagonisti del mondo social per delineare le tendenze del momento.

Cosa proprio non sopporta nei libri di oggi?

Non credo ci sia nulla di insopportabile in sé. Si tratta forse — lo dico umilmente — di un nostro errore di valutazione, dovuto al grande caos culturale che stiamo vivendo. L’alta letteratura è inscindibilmente mescolata alla letteratura industriale o di consumo (Dwight MacDonald, già negli anni Sessanta del secolo scorso, tirò in ballo il concetto di Midcult). Sembrano, inoltre, bruciati i fusibili dei valori critici con cui prima si giudicava l’opera d’arte. Facciamo fatica a distinguere un “classico” da un libro che non ha la medesima funzione e potenza espressiva, soprattutto per ciò che concerne gli autori contemporanei. Forse bisognerebbe tornare a Croce — è la strada battuta, con troppa perentorietà, da Harold Bloom —, a poesia e non poesia, al giudizio estetico, a un vero discernimento (sebbene anche Croce non riuscisse a valutare pienamente i suoi contemporanei). O forse si tratta di una deviazione del nazionale-popolare gramsciano e quindi servirebbe almeno una ricalibratura. Ma il problema resta di natura strettamente critica. I quotidiani e le università dovrebbero essere capaci di orientare il gusto, oggi più che mai. La grande letteratura deve arrivare a tutti, è chiaro. Si tratta soltanto di trovare la strategia giusta. Lo svilimento dei contenuti non ha prodotto risultati, se non aggravando la situazione. È legittimo pretendere di più dal lettore”.

C’è sempre stato un forte legame tra libri e film, ultimamente rinnovatosi con le serie tv. Da quale prospettiva guardare a questo fenomeno?

La cultura dell’immagine sta danneggiando la nostra capacità di astrazione, la possibilità della fictio, l’elaborazione di trame pensate per essere disegnate interiormente dal lettore (c’è chi parla addirittura di “mutazione antropologica”). Questo non significa che tra libri, film e serie tv non debba esserci un legame. Nella lettura di un libro, tuttavia, il cosiddetto “fruitore” risulta pienamente attivo; nell’assistere a una serie tv gli sforzi cognitivi non si azzerano, ma diminuiscono. È necessario tornare ad educare gli adolescenti anche alla schietta lettura — priva di contraltari ipertestuali —, alla pazienza della carta e all’aura della visione mentale, della fantasia. Mi rendo conto che non è una sfida semplice. La soglia dell’attenzione è sempre più bassa, a causa dei continui stimoli forniti dagli smartphone. Abbandonare il campo significherebbe però impoverire irrimediabilmente la nostra vita e la vita delle nuove generazioni”.

Nei tradizionali spazi fisici dedicati ai libri sono sempre più presenti opere di personaggi tv, social, sportivi e non di scrittori. Quanto il mondo della rete, in particolare attraverso Instagram, può colmare questo deficit espositivo offrendo una vetrina alternativa ai “veri” autori?

La letteratura non è più un’arte al centro del dibattito sociale e culturale (almeno non lo è in Italia). Dobbiamo prendere atto di questo piccolo declassamento. Come scrisse qualche anno fa Tzvetan Todorov, la letteratura è in pericolo. Quanto incidono il romanzo, la poesia, il teatro nella vita dei ragazzi? Carlo Bo parlava di “letteratura come vita”, di letteratura “come parte migliore e vera della vita”. Ma quanto oggi i ragazzi sono interessati non dico agli scrittori contemporanei, ma a Dante, Petrarca, Shakespeare? Quali insegnamenti pratici traggono dai libri che studiano? Beatrice che scende negli inferi per Dante, e Dante che passa il muro di fuoco per Beatrice, sono avvertiti come modelli di un amore ricco di slanci? La letteratura, a scuola e all’università, è una disciplina separata dalla vita, una cosa che si deve fare, un compito, senza alcun rapporto con il reale. Instagram è, al contrario, un canale di promozione di contenuti più immediati, spesso narcisistici, e sembra non ci sia spazio per “veri” autori. Ma non dobbiamo disperare. Carlo Acutis ci ha insegnato che qualsiasi strumento, anche il web, se utilizzato nel modo migliore e con creatività, può dare frutti inaspettati”.

Gabriella Diliberto

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